“Ragionare con i piedi” perché i piedi fanno esperienza della strada, delle sue asperità e dislivelli, del dolore delle vesciche e della gioia, del riposo, della meta. La strada è il luogo dove incontrare e incontrarsi, capi e ragazzi, per camminare insieme, fianco a fianco, nel desiderio di mettersi in gioco, di vivere l’essenziale, di rileggere e riconoscere il significato degli eventi vissuti, per riappropriarsi del senso della vita.
“Ragionare con i piedi” è il percorso formativo dei capi della branca RS della zona Gravine Joniche nato pensando alla strada e al suo valore educativo che il 1° maggio in quel di Ginosa Marina, riuniti in assemblea di zona, hanno voluto chiedere ai passi il valore dell’esperienza con un focus sul percorso pedagogico suggerito nei documenti preparatori al consiglio “educare alla vita cristiana” che si declina in alcuni verbi che identificano uno specifico agire: vivere-incontrare-raccontare/raccontarsi, generare, e lo hanno fatto mettendosi in ascolto e confrontandosi con Padre Davide Brasca, già assistente nazionale alla formazione capi e assistente Agesci.
Padre Davide ha catapultato ogni capo sulla strada che non è solo luogo di movimento ma anche luogo di osservazione, dove ogni gesto, parola, segnale parlano delle esistenze e del senso del vivere di ciascuno. Sulla strada, oggi, è facile scontrarsi con il concetto di non-fissità di cui è permeato il nostro quotidiano: nulla è fisso, nulla dura per sempre, tutto è in movimento e continuo cambiamento, nessun punto fisso, nessun punto di riferimento, solo un senso di falsa libertà. Anche il concetto di cura, secondo Padre Davide, sempre più spesso è relegato all’esteriorità, così come anche il servizio è diventato “altruismo egoistico”: far del bene agli altri perché ciò faccia sentire bene se stessi.
Bisogna riappropriarsi della strada, è stato l’invito di Padre Davide, del senso del vivere nel luogo e nel tempo che ci è donato, avendo cura di avere dei punti fissi che diano valore a gesti e parole, un luogo dove poter educare uomini e donne liberi e critici, dove ognuno sia capace di trovare il proprio posto nel mondo, la propria missione. La strada è un luogo di comunione con se stessi, con Dio e con gli altri. La strada insegna la libertà e, liberamente, la scelta del bene comune, scelta di servizio fatto di azioni silenti, con il grembiule cinto ai fianchi ed il capo chino più che con le parole che pubblicizzano: si dovrebbe imparare a gustare nuovamente l’essere “servi inutili”, il darsi gratuitamente all’altro anche quando ciò costa fatica.
La strada è un ambiente educativo fatto di relazioni in cui la presenza di ognuno è importante e ogni ragazzo dovrebbe averne coscienza: avere fiducia, credere nei valori condivisi, comprendere che le proprie competenze e capacità possono essere strumento per servire.
Il ruolo del capo, in questo momento storico, in quel luogo fisico che è la strada, è fondamentale perché diventi quel punto fisso da ricercare con lo sguardo e col cuore, a cui andare per confrontarsi o essere ascoltato. Per ogni ragazzo, il capo è l’incarnazione dell’esserci, colui che indica strade dove poter vivere esperienze piene di valore e di senso, in cui possano giocarsi liberamente e trovare la loro dimensione spirituale tramite gesti, relazioni, parole che invitino a leggere la vita con uno sguardo nuovo: lo sguardo di chi si riscopre amato come figlio.
È tempo in cui ognuno è chiamato a passare attraverso il rito della spogliazione, lasciando ciò che esteriormente parla del ruolo del capo, sentirne la mancanza, perché non si conosce il valore di qualcosa se non quando ne se ne ha bisogno, quando se ne sente la mancanza. E allora, riappropriamocene con rinnovata convinzione, mettendoci nuovamente in cammino sulla strada che attende solo di essere vissuta, inneschiamo la possibilità di vivere esperienze significative, piantiamo semi di valore per fare nuovo ciò che ci circonda.