“Un esploratore è attivo facendo il bene, e non passivo essendo buono. Il suo dovere è di essere servizievole e generoso verso il prossimo”. B.-P.
Tra le vie strette della città vecchia di Taranto, il centro di accoglienza Notturna “S. Cataldo Vescovo” rappresenta un’alternativa, spesso unica, per molte persone senzatetto.
Negli ultimi anni, il Centro ha stretto un’importante collaborazione con i rover e le scolte della zona Taranto, rapporto che si è consolidato a novembre 2023, quando Rosann Potzolu, Referente del centro e della Caritas Diocesana di Taranto, ha lanciato un appello alla cittadinanza per affrontare l’emergenza invernale. I rover e le scolte hanno risposto alla chiamata, pronti a mettersi in gioco in un’esperienza di servizio vissuta nella dimensione del cambiamento, in un luogo dove prendersi cura dell’altro significa aprirsi al dialogo e all’ascolto. Essere parte di questo processo non basta. Bisogna voler fare bene quello che si fa. Non basta fare o fare molto, per SERVIRE davvero e perché il servizio possa essere utile, deve essere pensato, preparato e progettato come qualsiasi impresa importante.
L’incontro nell’Agorà di zona, convocato dagli IABZ, accanto ai momenti di confronto con i rappresentanti della Caritas, ha consentito ai rover e alle scolte, rappresentanti dei clan, di condividere idee, progettare e organizzare un calendario di servizio. Così, da febbraio, ogni settimana, 4-5 rover e scolte, accompagnati da un capo, si dedicano a Carmela, Mimmo, Mauro e Peppino, senzatetto, che passano la notte al Centro, alla ricerca di una coperta e di umanità.
“La parte più significativa per me è stata il rapporto con le persone. Ascoltare le loro storie, conoscere le loro vite e offrire una presenza amica” racconta Martina, scolta del clan Flares del Taranto 15, mentre Luca, rover del Clan della Stretta del Martina Franca 3, ricorda con emozione una notte trascorsa a parlare con gli ospiti del Centro: “La semplice presenza e la disponibilità all’ascolto sono fondamentali per chi vive in situazioni di precarietà”.
Il servizio di Martina e Luca chiama tutti noi a tendere la mano e ci consente di rifletterci negli altri che ci vengono incontro, divenendo il nostro Prossimo.
Fare servizio è fare politica. È lo stile con cui prendersi cura del bene comune, farne parte, contribuendo concretamente al cambiamento. Avere a cuore, desiderare di agire in prima persona e lavorare insieme significa vivere il servizio sulla strada di un’umanità che ci appartiene. Perché servire non può essere solo una breve folata di vento. Deve essere un progetto, un percorso, una storia da costruire insieme, dove si è chiamati a farsi prossimi, a testimoniare la speranza e la compassione in un mondo che troppo spesso cerca di dividere e isolare. Ma da dove si può cominciare? Vivendo, sporcandoci le mani, incontrandoci e raccontando quello che ci è accaduto, così come hanno fatto i rover e le scolte, protagonisti di questa esperienza di servizio. Servire può diventare un’esperienza per “uscire” e “generare” un mondo nuovo.
Il servizio è relazione: “hanno bisogno di me e mi attendono”. Il servizio è progetto: “Sono responsabile io e non altri”.
Su questa strada, ogni incontro, ogni sguardo che incrociamo, ci ricorda che siamo parte di un tutto più grande, dove servire è una scelta personale che ha davvero l’ambizione di cambiare il mondo