Andrea Bitetto, Gaia Scoccimaro
Foto clan Kenai già Fenici di Svevia
In un periodo duro come quello dell’emergenza sanitaria, abbiamo lasciato che quella fiamma che ci rendeva sempre pronti a servire, lentamente si affievolisse, fin quasi a spegnersi. Grazie però ad un incontro online con l’associazione Abakhi di Reggio Calabria, presso cui abbiamo prestato servizio nel 2019, la situazione è cambiata: i volontari, infatti, che si occupano di accoglienza dei migranti e, in generale, di persone in situazioni di disagio, hanno continuato a prestare servizio durante la quarantena con ancora più ardore di prima. Da quel momento in poi, il servizio è diventato per noi una vera e propria necessità, da manifestare in tutti i modi possibili, al punto da basare spontaneamente un intero capitolo, “Ardi per servire”, sul dare visibilità a quelle persone e associazioni che hanno scelto, nel periodo della pandemia, in cui molti si sono chiusi nell’indifferenza e nell’egoismo, di aiutare gli altri. Ciascuna di queste realtà è stata rappresentata all’interno di una maratona corsa dagli stessi membri del clan, nel tentativo di restituire anche solo una piccolissima parte di quello che le persone e i gruppi a cui era dedicato l’evento avevano fatto per gli altri.
La pagina Instagram che abbiamo creato @scout_agesci_barletta1 è il carburante che alimenta la fiamma del servizio: sul nostro profilo abbiamo pubblicato, settimana dopo settimana, storie di associazioni che sono riuscite non solo a mantenere viva questa fiamma, in un periodo così difficile, ma anche a trasmetterla a chi hanno incontrato.
Abbiamo ritrovato le energie per impegnarci nel doposcuola online – in collaborazione con l’associazione Kreattiva di Bari e nella raccolta ali- mentare con l’Ambulatorio Popolare di Barletta. L’Ambulatorio si occupa di supportare le famiglie più bisognose organizzando collette alimentari periodiche e portando avanti un doposcuola per i loro bambini. Abbiamo fiancheggiato i volontari in entrambe queste attività, entrando in una squadra che, già esistente e funzionante, ci ha lasciato tanto, dalla consapevolezza a quel senso di pienezza che gli sguardi di gratitudine portano con sé e fanno nascere anche in noi.
Sono tante, tantissime le definizioni che uno scout potrebbe dare di “servizio”. È mettersi in gioco, donare limiti che non ci si aspettava di affrontare mai. Servizio è crescita, è cedere volentieri un po’ dei pro- pri privilegi a chi non ne ha affatto, è imparare a trovare il giusto equilibrio tra sé stessi e gli altri senza mai chiedere nulla in cambio. Il servizio è uno dei cardini di quello che facciamo come scout, e quando lo si vede così si corre il rischio di onorarlo passivamente, quasi come un dogma, senza interrogarsi su cosa significhi veramente.
Essere scout nel 2021 significa riscoprire il mondo attorno a noi, e non avere paura di dedicarsi agli altri, sotto ogni punto di vista. Il messaggio più profondo dello scautismo può essere scoperto soltanto sperimentandolo: in un mondo che viaggia a velocità incredibili nel tunnel dei social network, essere scout significa correre il rischio di rallentare. Prendersi del tempo per guardarsi dentro e attorno, per capire dove si sta andando, correndo con tanta foga. Significa dare valore alla strada che si sta percorrendo, e alle persone che camminano al nostro fianco, e non solo alla meta finale, come la società frenetica in cui viviamo sembra imporci. L’esperienza vissuta dalle “Fenici di Svevia” ha fatto sì che l’attuale clan, ora “Kenai”, ereditasse il bisogno di dedicarsi al prossimo, per lasciare il mondo un po’ migliore di come lo si è trovato. Il servizio lascia migliore anche chi lo presta: ci ha resi più aperti nei confronti degli altri, più responsabili, più costanti, più Umani.