“Siate disposti a impegnare quotidianamente la vita per trasformare la storia” (Giov. Paolo Il)
E allora torniamo in strada e riprendiamo il cammino domandandoci “Cosa vuole Dio da me?”
La camera di Caterina
La casa di famiglia è grande, di camere ce n’è sono tante, una è di suo fratello Stefano, è più piccolo di lei e non è ancora sposato. Di giorno, quando sono tutti a lavorare, la camera di Stefano è vuota e silenziosa. Attraverso l’uscio socchiuso, Caterina guarda furtiva il corridoio. Non osa chiudere la porta perché le hanno proibito di farlo. E piegata sulle ginocchia e prega. Lei sa che la preghiera è un dialogo, è il modo di Gesù di parlare con lei.
Ci sediamo al suo fianco, Caterina prende un foglio e una penna e ci chiede di scrivere perché lei non sa farlo. Lei le lettere le detta.
“Se sarete quello che dovete essere metterete fuoco in tutto il mondo”, non aggiunge altro. Questo Caterina lo sa bene, lo leggiamo nei suoi occhi, è una gioia che viene da qualcosa di più grande. Lei vive per donare la luce e il calore della carità, l’amore di Cristo suo sposo, che non viene mai meno.
“Di questo fuoco ha bisogno il mondo” ci dice e poi ci chiede di lasciarla sola, ha con se una pagnotta di pane. Spezza le molliche per lei e ci da il resto. Non le serve altro. Fuori, incontriamo suo padre, si è fermato a guardare la figlia attraverso quella porta che non si può chiudere a chiave e si convince. Riunisce la famiglia e decide di concedere a Caterina una camera tutta per se.
È da quella camera, quasi analfabeta, che odora di pane, Caterina trova ostinatamente il modo di farsi ascoltare, leggere, e prendere in considerazione dai governanti di città e regni, da monaci e teologi. Niente più sarà come prima, lei ha scommesso tutta la sua fragilità di creatura, ha avuto fede, Lui hai avuto speranza. La carità ha fatto il resto.
Guardiamo fuori, il tempo passa lentamente, il silenzio è rotto dall’incedere dei cavalli sulla strada e dal ruotare del legno sulla pietra. E allora torniamo in strada.