Fausta e Franco
INCARICATI REGIONALI ALLA FORMAZIONE CAPI
La mediana
A Ruvo di Puglia è chiamata la mediana una strada costruita negli anni Ottanta. Un lungo taglio prodotto a colpi di dinamite nel cuore calcareo delle colline dell’Alta Murgia. Avrebbe dovuto collegare i 14.000 ettari del più grande poligono militare d’Europa al porto militare di Taranto.
Un lungo tappeto d’asfalto srotolato, a coprire la terra, e posto ai piedi dell’incubo di Isaia: gli aratri trasformati in armi.
Per una strana congiuntura determinata da cambiamenti strategici da parte della Nato e da vibranti proteste della società civile, quella strada non è mai stata ultimata.
C’è un punto di quella strada dal quale, “piedi per terra”, vorremmo narrarvi di quest’anno “carico di Grazia”: la frontiera tra asfalto e terra. Franco Cassano scrive: «è sulle frontiere che si misura tutta la terribile inquietudine che attraversa la storia degli uomini».
C’è la terra viva che vuole riprendersi il suo spazio, lasciando radicare semi e fiorire fiori colorati, che tuttavia confligge con quei grumi di nero bitume che ostinatamente resistono nel loro legame maleodorante e soffocante.
E dunque, guardiamo lo stato dell’arte: attraverso la partecipazione a CFT, CFM, CAM, Campo per Capi Gruppo, Weekend di Spiritualità, 380 capi pugliesi hanno scelto di formarsi in regione. Soltanto 27 capi, invece, hanno partecipato ad eventi formativi fuori regione. Uno sforzo incredibile che ha coinvolto 17 staff nella misura di quasi 190 incontri! Non è forse questo un segno di grazia? in allegato le tabelle numeriche.
Dal canto nostro abbiamo tenuto ad incontrare i capi formatori, per ascoltarli e ringraziarli per aver nutrito le loro tenaci radici nella terra del servizio. Il perseverare del Covid non ha impedito che germogliassero fiori. Ammirevole ed esemplare è l’umiltà di tutti i logisti dei campi di formazione.
In particolar modo, abbiamo iniziato l’anno con un incontro, finalmente in presenza, con tutti gli staff dei CFT, per scrutarci, conoscerci, fare squadra, sapere che siamo dalla stessa parte e seminiamo, in questa terra di servizio, gli stessi semi, di cui, in ruoli diversi, proviamo a prenderci cura. È stata anche l’occasione per riflettere sul progetto di campo, farci domande e provare insieme a trovare risposte, al fine di riuscire ad uniformare la proposta formativa pugliese per quei capi che iniziano il cammino di educatori in Associazione.
Forse l’esperienza più formativa che si è generata in quest’anno è stata rappresentata dalla impossibilità di portare a termine un CFM ed un CFT. Ascoltiamo così tante parole retoriche riferite al far esperienza che, colti da un improvviso senso di colpa, ci verrebbe di consegnare questa pratica al tritacarta del fallimento.
Ma ci vengono in soccorso le parole di Padre Roberto, pronunciate durante la presentazione del Documento Emmaus ai nostri A.E.: «Allora la ricchezza della esperienza vera, viva, è proprio quella di far i conti con la storia di eventi concreti, quelli che io non posso prevedere: che è la vita. La vita è fatta così».
La Formazione capi, pensiamo, non debba essere relegata esclusivamente alla stesura di planning da presentare “entro il …”, da inserire nella programmazione regionale. Crediamo infatti che soltanto assumendo di stare nella concretezza della vita, della imprevedibilità, delle fragilità, potrà emanciparsi dal mero funzionalismo e diventare testimonianza dell’etica dei volti e non dei profili ed essere segno della formazione come dono di grazia, di meraviglia, di vita che apre alla vita.
Un altro campo di formazione, approvato in Assemblea Regionale, e quindi programmato, è stato cancellato per le scarse iscrizioni: il CAEX.
Proprio nelle Zone con il più alto tasso di ingressi extrassociativi, il CAEX è stato ritenuto non necessario, considerato il percorso già progettato in Zona.
Ed è in questi accadimenti che si svelano “sul campo” tutte le questioni aperte dalla riforma Leonardo. Lo snodo è rappresentato dal regolamentare meglio il “chi fa che cosa”? Oppure nel ritrovare TUTTI quel radicamento nella terra del NOI associativo che costruisce ponti e non muri? Lo dimostra proprio il processo di nomina del formatore, frutto di una composizione di pensieri che vede protagonisti, i proponenti, i Capi gruppo, i Responsabili di Zona, il Comitato di Zona.
Il weekend di spiritualità svolto a fine maggio è stata una sorpresa per noi e per tutti i partecipanti. Progettato come un’esperienza per fermarsi e prendersi cura di questo tempo che ci legge, ci abita e ci unisce a Dio, accompagnati da don Tonino e dal suo intimo rapporto con Maria, si è rivelata un’occasione di lode, di comunità, di rigenerazione di un “io” alla ricerca di risposte e segni, e alcune volte spento, deluso e affranto.
Dopo un anno di osservazione abbiamo voluto, attraverso la stesura di linee guida, aiutare ciascuno staff a progettarsi, ponendo cura ai tempi e al vivere in armonia il proprio servizio, in relazione con i diversi protagonisti della Formazione capi.
In rispetto della pazienza di quanti leggeranno, toccheremo solo due argomenti di riflessione: i bilanci di campo e le relazioni di verifica.
Per quanto vi sia stato un incremento di attenzione nella progettazione economica dei campi, il problema delle risorse inadeguate risulta essere cruciale. Pertanto esprimiamo tutta la nostra gratitudine per gli sforzi fatti dagli staff di campo. Siamo chiamati, associativamente, a fare scelte importanti su questo tema.
Altro punto nodale è rappresentato dalla verifica dei campi, di cui sembra superfluo richiamare la centrale importanza. La relazione di verifica di campo, attraverso un’apposita modulistica, è ritenuta dalla maggior parte degli staff inadeguata allo scopo. Le domande che vengono poste sembrano non guidare la riflessione e vengono percepite come meri “atti burocratici”. Così concepite rischiano di essere una gabbia che imprigiona tutta la molteplicità delle possibili osservazioni, generate dall’esperienza. Va detto che questo sentire è così diffuso a livello nazionale da essere diventato argomento di studio/lavoro tra gli IIRR.
Con l’obiettivo di una “partecipazione dal basso” al processo di riforma del modello formativo, e secondo il cronogramma approvato dal Consiglio Generale 2021, all’inizio dell’anno scout sono state poste alle Zone una serie di domande sulle questioni ancora aperte in relazione al nuovo modello. Il momento dell’anno in cui si chiedeva questo contributo ha rischiato fortemente di inficiare l’intento e solo attraverso uno sforzo immane delle Zone (9 su 11) siamo riusciti, nei tempi richiesti, ad inviare alla commissione di lavoro la sintesi regionale. Vorremmo chiedere alle Zone di custodire il lavoro di pensiero svolto, cosicché quando si ritornerà a discutere del tema si possa ripartire da quanto maturato in Zona e non da una faticosa ripresa ex novo.
Continua e si rafforza la collaborazione con l’Area Metodo nella realizzazione di eventi formativi nel ruolo con gli staff dei CFM, in particolar modo con uno sguardo all’Educare alla vita cristiana e a come riportare il dibattito associativo nei campi di formazione. Bisognerà fare molta attenzione affinché per i formatori non si realizzi una moltiplicazione degli incontri: la cura per le persone, per le storie e il servizio di ognuno di loro, passa anche da qui.
L’esperienza del laboratorio di formazione per IABZ e RdZ sul ruolo dello IABZ, ha dato da un lato la possibilità agli stessi di ricomporre i significati del loro servizio e, inoltre, ha fornito loro la consapevolezza “dello sguardo” sul loro operare da parte dei RdZ. Dall’altro, ha consentito anche ai RdZ di rileggere la loro relazione nel servizio con gli Incaricati di Zona, accogliendo lo “sguardo” dell’altro. Ci dispiace solo che tale evento, viste anche le necessità di inizio anno condivise in Consiglio, avrebbe potuto cogliere una partecipazione maggiore soprattutto tra le file dei RdZ, ma anche in questo caso il calendario di ognuno, fitto di incontri, non ha consentito “la cura”.
Ad ogni modo, auspichiamo che anche questo lavoro non finisca nello scaffale delle “cose fatte” e non assuma la forza necessaria a ri-generare relazioni…sarebbe un vero peccato per la forza di condivisione prodotta! (Clicca per visualizzare le sintesi prodotte)
L’evolversi della situazione pandemica ha favorito la programmazione di tutti gli eventi formativi in presenza. Solo relativamente alla formazione dei Capi gruppo sono stati previsti due incontri on-line, in quanto di ampio respiro e con l’idea che vi potessero accedere quanti più Gruppi possibili. Il primo ha riguardato il terzo settore ed è stato seguito da 112 capi, il secondo dedicato alla comunicazione, con la partecipazione di 49 capi. Questa esperienza tiene ancora viva la domanda sulla formazione on-line. Sarebbe possibile integrarla in qualche modo, magari utilizzandola solo per argomenti particolari?
Lo scambio e il lavoro comune insieme ai Referenti di Zona alla formazione capi auspicato a inizio anno, non è mai decollato: ancora la poca chiarezza del mandato e comunque le attività di Zona frammentate a causa pandemia sono state individuate come le cause di ciò. Ma finalmente, intanto, siamo riusciti ad assolvere al compito di risignificare il mandato per i Referenti di Zona alla formazione capi alla luce dello stare ben piantati con i piedi per terra in un oggi diverso dal tempo in cui tale figura ha visto gli albori. Non più “della Fo.Ca. regionale” ma “alla formazione capi di Zona”. Frutto di un processo riflessivo a tante voci, che ha aperto alla necessità di avere ulteriori sguardi e si è tradotto nella richiesta rivolta ad altri capi di condividere con noi, più direttamente, il cammino: costituire una Pattuglia di Fo.Ca.
Area 21
Abbiamo iniziato questo racconto stando con i piedi per terra nel punto di confine tra asfalto e terra. Questo luogo ferito è detto anche Area 21. È un parco astronomico, un luogo in cui l’inquinamento luminoso è nullo ed alzando gli occhi verso il cielo sembra che le stelle si possano toccare.
Proprio il buio ci aiuta a guardar le stelle come a voler indicare che da ogni ferita può aver origine la guarigione. Proprio in quel buio guardiamo nitidamente le stelle, che sembrano indicare la direzione: la relazione con l’alterità.
La formazione è innanzitutto relazione, pertanto richiede un modo di pensare relazionale che si concretizza in azione. La relazione è più dei suoi sinonimi, è più del semplice scambio tra persone. Senza la relazione non c’è possibile relazionalità o dimensione etica; non ci possono essere né paradigmi di complessità, né paradigmi di causa ed effettualità. La postura relazionale riesce a cogliere nella formazione il cambiamento, non come somma di esperienze, ma come processo riflessivo di connessione tra loro. In questo risiede il bisogno di sperimentare da parte dello staff CFM EG l’incontrare dopo 5 mesi dal campo i partecipanti, per interrogarsi sui cambiamenti, sui percorsi che sono stati attivati.
Lo stile relazionale garantisce la molteplicità degli sguardi e quindi apre ad ogni possibilità di narrazione, di spiegazioni, scevro da preconcetti o pregiudizi. Negli incontri finora organizzati non abbiamo cercato “l’ultima parola”, in relazione ai vari temi, come per esempio, rispetto al progetto di campo. Piuttosto ne abbiamo fatto occasione di rigenerazione del Noi associativo.
L’essere in relazione con la contemporaneità ci rende consapevoli della necessità di una risignificazione del concetto di adulto, che va inteso come adultità in formazione. Questo ci fa ben comprendere, da un lato, quanto sia necessaria la formazione relativa alle modalità di apprendimento dell’adulto e forse ancor di più, occorre definire un metodo formativo per adulti.
Dall’altro, come a più voci richiamato nel lavoro per il nuovo modello formativo, ci viene da pensare che forse ogni capo e ogni comunità capi ha bisogno di risignificare il proprio concetto di adulto, lavorando con maggiore consapevolezza a quella capacità progettuale che fa di ognuno di noi educatori in un mondo che cambia.
La relazione si evidenzia sia nella propensione, sia nella consapevolezza delle resistenze odierne al cambiamento.
Tuttavia questo essere in relazione non può ridursi ad un mero progetto o ad uno stimolo occasionale, volti a mettere insieme dei capi affinché, proprio dallo stare insieme, dalla loro interazione si generi formazione.
La relazione è a fondamento della nostra fede nel mistero della Trinità. Scrive don Tonino: «La Trinità non è una specie di teorema celeste buono per le esercitazioni accademiche dei teologi. Ma è la sorgente da cui devono scaturire l’etica del contadino e del medico … La Trinità è storia che ci riguarda. Ed è da essa che va pensata tutta l’esistenza cristiana».
Quante volte ai fuochi di bivacco, guardando il cielo stellato, abbiamo intonato “Il cielo in una stanza”… Quando potrà accadere che anche le nostre stanze, dove scriviamo e discutiamo mozioni, regolamenti, documenti, si lasceranno inondare dal cielo?
Il cielo senza stelle
Le città, con le loro luci notturne, confondono chiunque alzi lo sguardo al cielo.
Nell’Area 21 è tutto chiaro. Se le stelle non ci sono, il cielo è pieno di nubi.
Il nostro tempo è gravido di tempesta. Nella guerra si svela, fino in fondo, questo tempo senza stelle. È il momento dei Profeti, ed il pensiero corre a don Tonino Bello. Molti campi di formazione si chiudono ad Alessano: presso la sua tomba. È bello sentire le sue parole risuonare, accompagnarci in tanti incontri. Ma quella tomba è frontiera, confine tra asfalto e terra. È decidere se stare ripiegati sulle consolanti “frasi ad effetto” oppure metterci “In piedi operatori di pace” ed accettare di percorrere la strada che si apre dinnanzi.
Il cielo è senza stelle. E noi? Resteremo comodamente seduti sulle nostre certezze o ci alzeremo, perché ci riconosciamo operatori di pace?